Prende il nome di artroprotesi d’anca l’intervento chirurgico mediante il quale l’articolazione dell’anca viene sostituita da una protesi, in modo da permettere al paziente il recupero della mobilità articolare.
L’espressione “chirurgia mininvasiva”, che pur spesso si trova associato a questa tipologia di intervento, è tuttavia frequentemente utilizzato in modo improprio. Lo svilupparsi di nuove tecniche chirurgiche, accanto a progetti e, talvolta, “fantasie” futuristiche, corrono il rischio di errata comunicazione ai pazienti sui reali vantaggi e svantaggi dell’intervento di artroprotesi che devono affrontare.
In protesica dell’anca il termine chirurgia mininvasiva può tradursi in tecnica chirurgica a maggior risparmio possibile dei tessuti osseo, muscolo-tendineo e vascolo nervoso, ovvero di tutte le strutture che compongono l’articolazione che deve essere sostituita.
Deve essere però chiaro che più la chirurgia è mininvasiva, più richiede manovre tecnicamente più complicate e più possono aumentare i rischi di alcune complicanze. Per contro, più i tessuti sono risparmiati dall’intervento, minore può essere il rischio di altre complicanze e più veloci possono essere i tempi di recupero. Per questi motivi è fondamentale la corretta comunicazione al paziente e la comprensione delle diverse problematiche da affrontare.
Artroprotesi anca: le vie d’accesso
In tutti gli interventi di artroprotesi, si intende per via d’accesso la “strada” attraverso i tessuti muscolari e vascolo-nervosi che il chirurgo deve utilizzare per arrivare durante l’intervento all’articolazione che deve essere sostituita. Raggiunta l’articolazione, il chirurgo può procedere alla sostituzione delle estremità dell’articolazione con la protesi che ha preparato.
Per quanto riguarda la protesi d’anca esistono diverse vie di accesso. Le due vie di accesso più tradizionali sono la via postero-laterale, con un taglio della cute a livello del gluteo, la via laterale, con un taglio laterale al femore, e la via anteriore, con un taglio longitudinale anteriore o obliquo all’inguine.
Le prime due sono le vie di accesso più utilizzate al mondo, assolutamente affidabili, ma non possono essere definite mininvasive dal momento che prevedono esposizioni ampie e sacrificio di alcune strutture muscolo tendinee. La via d’accesso anteriore rappresenta l’unica possibilità di accedere all’articolazione senza tagliare muscoli o tendini, passando tra gruppi muscolari innervati da nervi differenti. La via d’accesso anteriore rappresenta una via d’accesso mininvasiva a risparmio tissutale.
I vantaggi della via anteriore
I vantaggi della via d’accesso anteriore in un intervento di artroprotesi d’anca sono ormai validati da molti lavori scientifici pubblicati e da molte esperienze coinvolgenti numerosi pazienti.
Un vantaggio è sicuramente costituito da un più rapido recupero funzionale ed una minor necessità di cure fisioterapiche. È dimostrato infatti dalla letteratura che per i primi tre mesi dopo l’intervento il paziente dopo via anteriore ha delle prestazioni di recupero del passo e delle attività quotidiane migliori del paziente dopo altre vie d’accesso.
Un secondo importante vantaggio, forse il più importante, è la minor frequenza di lussazione. La lussazione della protesi d’anca, ovvero la fuoriuscita della testa artificiale del femore dal rivestimento del bacino (il cotile), con perdita di funzionalità dell’anca immediata, è stimata intorno allo 0,2% in caso di via di accesso anteriore, mentre arriva fino al 1,5% in caso di altre vie di accesso.
Vantaggio minore è l’estetica della cicatrice chirurgica. Quando possibile, una via d’accesso inguinale lascia una cicatrice invisibile in un paziente che indossa una mutanda o un costume da bagno.
I vantaggi della via d’accesso anteriore sono quindi riassumibili in:
- Recupero più rapido nei primi tre mesi post-operatori
- Minor rischio di lussazione post-operatoria
- Cicatrice chirurgica inguinale
Svantaggi della via anteriore
Il rovescio della medaglia è rappresentato dagli svantaggi.
Lo svantaggio che occorre maggiormente considerare è il più alto rischio di frattura dell’osso durante l’intervento di artroprotesi d’anca, che talvolta richiede l’utilizzo di mezzi di osteosintesi come un cerchiaggio metallico (sistemi di sintesi comunemente utilizzati in caso di frattura). Ciò è dovuto all’ovvia minore “finestra” di accesso all’articolazione dovuta alla ricerca del risparmio dei tessuti, che richiede talvolta manovre di stress sull’osso in cui inserire la protesi.
Per ovviare a questo aumento di rischio, occorre, a seconda dell’esperienza del chirurgo, selezionare i pazienti in cui utilizzare la via d’accesso anteriore mininvasiva nell’intervento di protesi dell’anca. Escludendo infatti dal possibile utilizzo dell’accesso anteriore pazienti con osso osteoporotico, o con gravi deformità articolari dovuti alla displasia dell’anca, o soggetti ad artrosi dell’anca di grado molto avanzato, si può abbassare il rischio di frattura, avvicinandolo o pareggiandolo al rischio di frattura con l’utilizzo di altre vie di accesso non mininvasive. I criteri di esclusione dei pazienti sono dipendenti dall’esperienza del chirurgo.
Un’altra complicanza possibile in un intervento di artroprotesi dell’anca con via anteriore è lo stiramento di un piccolo nervo sottocutaneo che può esitare in una piccola area di cute laterale a minor sensibilità. È una complicanza trascurabile, mal stimata dalla letteratura, riportata generalmente dai pazienti solo se interrogati sul problema nei controlli a distanza.
Intervento protesi anca: le altre vie di accesso
Nel panorama composto dalle tre maggiori vie di accesso all’anca, esistono poi alcune piccole varianti di tecnica, favorite dalla creazione di strumentari chirurgici dedicati, che, sempre compatibilmente con l’esperienza del chirurgo, possono ulteriormente migliorare i risultati.
La tecnica Superpath, per esempio, è una tecnica chirurgica che prevede una via di accesso postero-superiore, utilizza una “strada” vicina a quella della via di accesso postero laterale ma lascia le strutture tendinee posteriori (quelle realmente implicate nel “contenere” la testa della protesi nel cotile, impedendo la lussazione) intatte. È un esempio di chirurgia mininvasiva dell’anca con accesso posteriore.
La tecnica Anteriorpath, invece, è una piccola variante della via anteriore che consente sempre una via di accesso inguinale grazie ad uno strumentario che rende, con una piccola incisione laterale di 1 cm, più agevole e con meno stress sull’osso, il posizionamento del cotile. Rappresenta un piccolo miglioramento della mininvasività della via anteriore.
La cicatrice chirurgica nell’intervento di artroprotesi d’anca
Tra i primi obiettivi della chirurgia mininvasiva dell’anca non è sicuramente compreso un miglioramento dell’estetica della cicatrice. Lo scopo è infatti risparmiare i tessuti (muscoli, tendini, terminazioni nervose) per il più rapido e completo recupero della funzionalità dell’articolazione protesizzata. Va da sé però che la ricerca di danno chirurgico minimo spesso si accompagna a cicatrici di piccole dimensioni.
L’esempio più eclatante è la chirurgia artroscopica che permette di intervenire in caso di danni in un’articolazione (es. lesione meniscale del ginocchio) con sole due piccoli tagli della cute per l’ingresso in articolazione di strumenti e telecamera. La via d’accesso anteriore è mininvasiva anche dal punto di vista estetico quando consente la sostituzione protesica dell’anca con una incisione di pochi centimetri lungo la piega inguinale. Tale cicatrice scompare sotto le mutande o il costume da bagno rendendo invisibile l’intervento.
La protesi d’anca
La chirurgia mininvasiva prevederebbe un risparmio di tessuto osseo. L’unico, ma non trascurabile, vantaggio del risparmio osseo è il preservare il supporto per una eventuale revisione.
La vita di una protesi d’anca non è, infatti, infinita. La sopravvivenza degli impianti moderni supera il 90% a 15 anni dall’intervento ma, in caso di necessità di sostituzione di una componente, tale sostituzione sarà più facile maggiore sarà l’osso a disposizione per sostenere il nuovo impianto. Esistono disegni di impianto che permettono un maggior risparmio di osso, e sono oramai la maggior parte, ma è molto più importante l’esecuzione della tecnica chirurgica. Una accurata tecnica di esecuzione che elimini solo l’osso che deve essere indispensabilmente sostituito con l’impianto di una protesi non troppo “grande” ma neanche sottodimensionata (con il rischio che non sia immediatamente stabile e non si integri all’osso) rimane il fattore determinante nel risparmio di tessuto osseo e dipende dall’esperienza del chirurgo.